°OTIX
Nell’attuale era digitale tutto scorre e muta in modo continuo: informazioni, innovazioni, messaggi, fluiscono velocemente. Le aziende sono coinvolte in prima linea in questo fenomeno, poiché soggetti attivi nella ricerca di soluzioni nuove per consumatori sempre più esigenti e sfuggenti. [br]break-line[/br] Dunque, scegliere metodi efficaci per raggiungere e coinvolgere i potenziali consumatori diventa un obiettivo primario per aziende nazionali e internazionali. [br]break-line[/br] Ecco che il product placement si inserisce con notevole validità nelle attuali strategie di marketing aziendali perché rappresenta un’opportunità concreta di entrare in relazione con il target in modo piacevole e non invasivo. Agli albori, una strategia diffusa principalmente nel contesto cinematografico e di intrattenimento televisivo, ma nel tempo una forma di comunicazione che ha trovato nuova fiorente collocazione all’interno dei videoclip musicali. [h2]Il product placement[/h2] Per parlare di product placement, dobbiamo anzitutto specificare cos’è. Perciò cerchiamo di darne una definizione chiara. [br]break-line[/br] Il [b]Product Placement[/b] è una forma di comunicazione commerciale in cui prodotti, packaging, brand name, logo, corporate name sono intenzionalmente posizionati in contesti narrativi (per esempio film, programmi televisivi, videogiochi o video musicali) in cambio di un corrispettivo monetario (production fee) o extramonetario (per esempio fornitura di attrezzature, servizi o prodotti gratuiti, ecc.), secondo un accordo tra società di produzione e impresa inserzionista. [br]break-line[/br] Il product placement ha un’elevata efficacia comunicativa, perché il brand riesce ad integrarsi e interagire con il contesto narrativo in cui viene inserito. Così l’azienda si avvantaggia dell’associazione tra il suo brand name/prodotto e la trama, rivolgendosi a un destinatario che, in quel contesto, è maggiormente disposto a ricevere un input comunicativo. [br]break-line[/br] Per di più, lo spettatore è inconsapevole dell’intento pubblicitario. A differenza dello spot commerciale in cui la fonte è chiara, con il product placement il destinatario non è portato a identificare l’azienda come fonte del messaggio, bensì l’attore che ha fatto uso del prodotto o che ne ha parlato. Lo spettatore, infatti, ritrova la marca perfettamente e naturalmente inserita all’interno dello storytelling. [br]break-line[/br] Un ulteriore punto a favore di questa tipologia di pubblicità è che il destinatario raggiunge il messaggio commerciale con un’azione di tipo pull, ovvero è lo spettatore che entra implicitamente a contatto con l’azienda decidendo di vedere il film o il video. [br]break-line[/br] Nei limiti in cui è ammesso dall’odierna legislazione, il product placement viene inquadrato come una mera [b]forma di pubblicità indiretta[/b]. Se effettuato lecitamente, infatti, non può essere considerato pubblicità occulta. [h2]Il product placement nei video musicali [/h2] L’esordio è da iscriversi alle prime opere cinematografiche, con l'inserimento dei brand all'interno di diversi film, fino a diventare nel corso degli anni una vera propria prassi consolidata. Nel tempo, il product placement ha trovato una nuova e fiorente collocazione all’interno del business dei video musicali: uno strumento molto efficace per colpire un target di consumatori più giovane. [nl]new-line[/nl] Un fenomeno che ha trovato larga diffusione anche in Italia. Da anni, infatti, sono molte le canzoni che nascondono riferimenti commerciali tra le loro righe o prodotti/servizi all’interno dei loro video. Già nel 2011, nel video “L’amore è un gioco” di Dolcenera le prime inquadrature sono su un rossetto Pupa che la cantante utilizza per truccarsi. Così come accade nei primi fotogrammi del video de “L’ultima notte al mondo” di Tiziano Ferrno del 2012, nei quali compare il Suv Chevrolet. O ancora, “Volare” di Fabio Rovazzi del 2017 (uno dei dieci video italiani più visti su YouTube) dove le collaborazioni non si contano: Lavazza, Girella, Audi e altri. [video]https://www.youtube.com/embed/MtJ0lrIGSAE[/video] [nl]new-line[/nl] Un caso molto eclatante è stato il video di “Prima di ogni cosa” del rapper Fedez (2018). Questa canzone, scritta per la nascita del figlio Leone, è stata parte di una vera e propria campagna Samsung, portando il tema della relazione tra video musicali e pubblicità nel dibattito pubblico. Nel testo, inoltre, il riferimento alle Vans è continuativo e molteplice. Ma attenzione, non è assolutamente un caso. [nl]new-line[/nl] [i][b]“Perché in testa c'ho la Nasa [br]break-line[/br] Perché non sono mai a casa [br]break-line[/br] Il cuore consumato come delle vecchie Vans”[/b][/i] [nl]new-line[/nl] Contestualizzando il fenomeno alle hit del momento, forse nessuno di noi riesce a togliersi dalla testa la frase “Labbra Rosso Coca Cola” che Orietta Berti canta nel ritornello di Mille, il brano inciso con Fedez e Achille Lauro. Una chiara pubblicizzazione del brand Coca Cola. Confermata, poche ore dopo l’uscita del video, da Fedez attraverso una storia su Instagram. [br]break-line[/br] Al di là della trovata pubblicitaria, in molti si sono chiesti quale fosse il significato della frase. La verità è che esistono realmente dei rossetti “rosso Coca Cola”, rifacendosi al rosso vivace del vestito di Babbo Natale per intenderci. [br]break-line[/br] Non solo nel testo, la Coca Cola è presente più volte nel video, inserita adeguatamente nel contesto scenografico. [video]https://www.youtube.com/embed/l6N-Yq9Fw4U[/video] [nl]new-line[/nl] Ma in questa calda estate 2021, Mille non è l’unico brano a citare la Coca Cola. Altre due canzoni hanno inserito tale brand nel brano musicale. La prima è “Movimento Lento” di Annalisa con Federico Rossi: [nl]new-line[/nl] [i][b]“Ancora un movimento lento [br]break-line[/br] Estate in una goccia sola [br]break-line[/br] Tra la pioggia che ci sfiora [br]break-line[/br] Il cielo rosso, Coca Cola”[/b][/i] [nl]new-line[/nl] La seconda è “Cinema” di Samuel e Francesca Michielin: [nl]new-line[/nl] [i][b]“Che si attacca al mio cervello [br]break-line[/br] Coca Cola così non mi va [br]break-line[/br] Perché no? Perché no? Vieni qua [br]break-line[/br] Com’è triste la vita in città”[/b][/i] [nl]new-line[/nl] Una chiara strategia di marketing da parte di Coca Cola, che nonostante abbia una notorietà ampiamente consolidata in tutto il mondo continua a voler fidelizzare i suoi consumatori. [h2]Un fenomeno solo Italiano?[/h2] Ovviamente no. Già nel 1991, nel video musicale “Smells like teen spirit” dei Nivarna viene inserita un’inquadratura sulle Converse, indossate da Kurt Cobain. Questo è uno dei primi casi di product placement nei video musicali. Quelle scarpe sono lì per fini commerciali, anche se i destinatari non ne erano (e non ne sono) pienamente consapevoli. [nl]new-line[/nl] Nel 2010, le due regine pop Lady Gaga e Beyoncé nel video “Telephone” mostrano una persona che si collega al sito d’incontri “Plenty Of Fish”. È stato calcolato che il traffico verso la piattaforma sia cresciuto del 20% nelle ore immediatamente successive al video. [br]break-line[/br] Lo stesso sito d’incontri è mostrato anche nel videoclip di Britney Spears “Hold It Against Me” (2011), dove i riferimenti commerciali anche ad altri brand sono numerosi, come la Sony. [video]https://www.youtube.com/embed/-Edv8Onsrgg[/video] [nl]new-line[/nl] Spesso i brand che scelgono i video musicali per il product placement sono case automobilistiche, come nel caso del video musicale “Papi” (2011) di Jennifer Lopez che mostra chiaramente la macchina Fiat per gran parte del cortometraggio, ma anche l’utilizzo del Blackberry e delle scarpe Puma. [video]https://www.youtube.com/embed/6XbIuSLaCnk[/video] [h2]L’efficacia del product placement nei video musicali[/h2] Inserire il brand name, il prodotto o il servizio di un’azienda in un prodotto audiovisivo musicale per fini commerciali è una strategia di marketing che può rivelarsi molto efficace per il brand stesso. [nl]new-line[/nl] Oggi, come abbiamo visto, questa strategia è sempre più diffusa all’interno dei videoclip musicali. Ma perché? [br]break-line[/br] [b]Innanzitutto l’efficacia di questo mezzo di comunicazione è data dalla velocità con cui si narra una storia e dalla facilità di memorizzazione del contenuto, grazie all’associazione di musica e immagini. [/b] [br]break-line[/br] Un’altra caratteristica, che fa di questo canale un mezzo privilegiato dalle aziende, è [b]l’elevata forza emotiva[/b] che scaturisce dal contesto narrativo in cui avviene la pubblicizzazione, insieme alla [b]facilità di fruizione e alla possibilità di rivedere il videoclip più e più volte[/b]. [br]break-line[/br] Inoltre, l’azienda ha [b]l’opportunità di rivolgersi ad un target specifico, strettamente legato al contenuto.[/b] [br]break-line[/br] Per essere davvero efficace, però, [b]l'inserimento di un marchio deve avvenire in maniera convincente e organica all'interno della sceneggiatura[/b], altrimenti si rischia di realizzare un qualcosa di più simile a uno spot pubblicitario provocando un declino della brand reputation. [nl]new-line[/nl] Non ci resta, dunque, che continuare a canticchiare le nostre canzoni preferite. Ma con occhi e orecchie rivolti ai possibili prodotti che si celano tra le parole o all’interno del videoclip.
Il marketing natalizio gioca un ruolo cruciale nel plasmare la ritualità delle feste e costruire tradizioni, sfruttando emozioni, comportamenti di consumo e simboli culturali. La stagione natalizia rappresenta una straordinaria opportunità commerciale per le aziende, le quali possono utilizzare strategie mirate per connettersi con i consumatori.
Nel vasto universo del graphic design, la scelta dei font riveste un'importanza cruciale. L’estetica testuale scelta per accompagnare loghi, progetti, poster e copertine è un aspetto fondamentale nella percezione generale che si vuole affidare al proprio prodotto: la forma del testo sottolinea il “carattere” dell’opera che si propone al lettore, allo spettatore o al cliente e ne influenza la percezione. Vi portiamo alla scoperta della storia affascinante dei font digitali, dall'abbandono dei moduli a blocchetti metallici alla nascita dei web font, dalla creazione del primo font digitale alla diffusione dei computer con interfaccia grafica negli anni '80. Scopriremo insieme alcuni caratteri tipografici digitali, come il Comic Sans e il Papyrus, che si sono distinti nel corso degli anni, amati e odiati per il loro successo, e hanno catalizzando sentimenti contrastanti tra gli utenti di tutto il mondo.