°OTIX
Fare la storia e poi dimenticarsene completamente o quasi, è davvero possibile? Pare di si. È quello che è successo ad Atala, nel settore del ciclismo. Un brand che ha accompagnato atleti nazionali e internazionali al vertice di classifiche mondiali, ma che poi ha virato su scelte di comunicazione discutibili e poco in linea con la sua storia e la sua identità. [h2]Il posizionamento di Atala nel mondo del ciclismo[/h2] Atala è uno di quei marchi storici che hanno fatto la storia del ciclismo. Fondata nel 1907 a Milano per mano di Angelo Gatti, Atala si inserisce da subito nel panorama nazionale. Il vincitore del Primo Giro d’Italia del 1909, Luigi Ganna, era in sella proprio ad una bicicletta Atala. Ma anche nel secondo giro d’Italia, Atala accompagna Carlo Galetti alla vittoria. [br]break-line[/br] Negli anni successivi la proprietà subisce diversi cambi di gestione, fino al 1938 quando viene acquisita da Cesare Rizzato già costruttore di telai a marchio “Ceriz”, a cui si aggiunse quello Atala e anche altri marchi prestigiosi quali “Maino” e “Dei”. Insieme negli anni ’60 animano le scene agonistiche internazionali. [br]break-line[/br] Ma [b]dalla vetta di importanti campionati mondiali e nazionali, alla successiva crisi, è un attimo[/b]. Infatti, a partire dagli anni ’80, il brand Atala subisce un forte declino d’immagine e di posizionamento, da premium a low, fino a ritrovarsi nei supermercati. [br]break-line[/br] Solo nel 2002, con la cessione del 50% al gruppo olandese Accell e con l’acquisizione di nuovi marchi dall’alto contenuto tecnologico, [b]Whistle e Carraro[/b], le cose iniziano a cambiare per la società Atala S.p.a.. Con questi ultimi marchi riesce ad acquisire nuovo prestigio internazionale, relegando però il marchio Atala al passato e associandolo solamente a biciclette di bassa gamma (con rare accezioni). Una scelta condivisibile o meno, che comunque sembra funzionare. [h2]Una discutibile scelta di marketing[/h2] Comunicare con strategie pubblicitarie che rispettino la propria storia, che sappiano valorizzare i propri prodotti e che generino un’opinione positiva della propria azienda, non è solamente indispensabile, bensì è vitale. Infatti, essere in grado di cogliere l’identità del brand e comunicarla nel modo giusto agli utenti, è fondamentale per la sopravvivenza del brand stesso. [br]break-line[/br] Comunicare in modo errato, genera inevitabilmente una brand image che non rispecchia i valori dell’azienda. Ed è quello che è accaduto ad Atala nell’edizione 2021 di EICMA, l’Esposizione Internazionale di Cicli, Motocicli e Accessori. [br]break-line[/br] Per l’occasione Atala ha realizzato uno stand per presentare i propri prodotti di punta a marchio Whistle, adottando una strategia comunicativa davvero discutibile, ovvero quella di accostare la figura femminile al prodotto. Una scelta incomprensibile e per nulla adeguata: basti osservare le foto circolate in rete per comprendere immediatamente a cosa facciamo riferimento. Ma vediamo punto per punto perché è una mossa comunicativa che lede l’immagine del brand, non certo la rafforza. [h3]1. Eclissamento del prodotto[/h3] Se lo scopo primario dei vertici dell’azienda era vendere i prodotti, sicuramente c’è qualcosa che non hanno valutato. Il prodotto, infatti, non c’è. Totalmente oscurato e nascosto, sia fisicamente che mentalmente, dalle ragazze presenti. L’attenzione dei visitatori era totalmente distolta dal prodotto, completamente rivolta altrove. Per di più anche nelle foto circolate in rete, il corpo femminile è al centro dello scatto, le tecnologiche bici invece sono relegate dietro, quasi come se avessero poca rilevanza. [br]break-line[/br] Questa tecnica detta “dell’ancoraggio” era diffusa soprattutto nel marketing degli anni ’50, utilizzata per creare un’associazione implicita tra il prodotto e la figura ammiccante. Ma oggi, ad oltre 70 anni di distanza, non si capisce perché le aziende continuino ad utilizzare questa tecnica ritenendo che possa davvero essere convincente. E nel caso specifico di Atala, la domanda più ovvia è: perché un’azienda, con un’importante storia alle spalle, per pubblicizzare i propri prodotti debba utilizzare ancora la vecchia tecnica dell’ancoraggio? [br]break-line[/br] Per di più, considerando una finalità esclusivamente di vendita, al centro della scena dovrebbe esserci sempre il prodotto, le sue caratteristiche distintive e peculiari, i suoi materiali, e così via. Nulla dovrebbe distogliere l’attenzione dal focus centrale. Dunque, un ulteriore tassello a riprova dell’erronea scelta dell’azienda. [h3]2. Mercificazione del corpo femminile[/h3] Continuare ad utilizzare il corpo femminile come oggetto per vendere un prodotto, non è più concepibile e accettabile. Sia la tecnica che il messaggio sono sempre sbagliati, in tutti gli ambiti. [br]break-line[/br] Questa pratica inoltre è escludente nei confronti delle donne stesse, che sicuramente non concepiscono la mercificazione del corpo femminile. Dunque, non solo una scelta errata dal punto di vista strategico ma anche e soprattutto dal punto di vista etico. [img]magazine/article30/2.jpg[/img] [h3]3. Incongruenza con l’identità del brand[/h3] La tecnica dell’ancoraggio utilizzata da Atala sicuramente non rispecchia la sua storia e in generale i suoi valori identitari, che l’hanno contraddistinta negli anni d’oro. Un brand votato al ciclismo come sport da valorizzare, che ha accompagnato atleti importanti alla vetta di campionati mondiali, che ha rappresentato l’eccellenza italiana (con un posizionamento premium nel settore), pare aver completamente dimenticato la sua vera identità. [img]magazine/article30/3.jpg[/img] [nl]new-line[/nl] Dunque, Atala ci dimostra che allontanarsi dai propri valori per cercare approvazione, non è mai la strada giusta da percorrere. Perché i clienti apprezzano sempre l’essenza autentica del brand e non espedienti arcaici di intrattenimento.
Nel vasto universo del graphic design, la scelta dei font riveste un'importanza cruciale. L’estetica testuale scelta per accompagnare loghi, progetti, poster e copertine è un aspetto fondamentale nella percezione generale che si vuole affidare al proprio prodotto: la forma del testo sottolinea il “carattere” dell’opera che si propone al lettore, allo spettatore o al cliente e ne influenza la percezione. Vi portiamo alla scoperta della storia affascinante dei font digitali, dall'abbandono dei moduli a blocchetti metallici alla nascita dei web font, dalla creazione del primo font digitale alla diffusione dei computer con interfaccia grafica negli anni '80. Scopriremo insieme alcuni caratteri tipografici digitali, come il Comic Sans e il Papyrus, che si sono distinti nel corso degli anni, amati e odiati per il loro successo, e hanno catalizzando sentimenti contrastanti tra gli utenti di tutto il mondo.
Il Guerrilla Marketing è una forma di marketing non convenzionale che utilizza tecniche low-cost e creative per massimizzare i risultati. Caratterizzato dall'uso di strategie sorprendenti e attività che generano grande impatto, il Guerrilla Marketing mira a catturare l'attenzione dei media e del pubblico in modo non tradizionale. Le campagne tentano di inserirsi nella vita quotidiana, suscitando interesse attraverso la rottura dell’ordinario e lasciando un'impressione duratura. La metafora del Guerrilla Marketing proviene dall’ambito militare e indica un tipo di combattimento particellato e diffuso, attuato soprattutto dalle frange di resistenza e dalla popolazione civile. Mutuata nell’ambito della comunicazione, questo tipo di metafora indica una strategia di marketing accessibile, a basso costo e immersa nel contesto di tutti i giorni. Scopriamone insieme origine, principi ed esempi, ponendo particolare attenzione su una delle ultime campagne della piattaforma di streaming Netflix per l’uscita di una delle sue nuove serie.