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Fare il caffè con la Moka, pulire con lo Scottex o con il Mocio, utilizzare il Borotalco, scrivere con la Biro su un colorato Post-it. Sono azioni che abbiamo svolto in innumerevoli occasioni. Questi nomi, diventati parte integrante del nostro linguaggio quotidiano, in realtà sono brand naming veri e propri. Si tratta, infatti, di marchi registrati che nel tempo si sono affermati nel gergo comune, identificando totalmente il prodotto e spesso anche l’intera categoria. [h2]Quando un brand naming diventa di uso comune[/h2] Scegliere il nome di un marchio è una fase complessa e delicata. Bisogna considerare numerose possibilità in base al settore, al target, all’identità, ai nuovi trend, e anche alle caratteristiche dello stesso. Insomma non è decisione semplice. [br]break-line[/br] Per alcune aziende, il nome scelto ha riscosso così tanto successo da identificare completamente l’oggetto che rappresentano. [b]Questa eventualità accade quando il nome esce dall’ambito settoriale per diventare di uso comune[/b]. [h2]Quali pratiche le aziende adottano per tutelarsi?[/h2] Quando il nome di un brand o di un prodotto diventa di uso comune per l’azienda non è sempre un vantaggio. Potrebbe infatti verificarsi la “[b]volgarizzazione del marchio[/b]” ovvero la perdita di unicità e identità perché tutti iniziano a utilizzarlo come termine generico, causando ingenti perdite all’azienda. [br]break-line[/br] Dunque, se da un lato l’utilizzo di brand naming nel gergo comune è sicuramente un successo, dall’altro però è fondamentale che l’azienda si tuteli affinché non avvenga la completa decadenza del marchio. Una forma di tutela molto utilizzata è quella dell’accostamento di una R cerchiata (®) al logotipo o al naming: un segnale destinato a tutti i consumatori per sottolineare la presenza di un marchio commerciale legalmente registrato e non di un nome comune. Inoltre, molte aziende hanno anche adottato strategie di comunicazione ad hoc con lo scopo di rimarcare l’unicità del brand, l’appartenenza all’azienda e il carattere distintivo rispetto ai competitor, come ad esempio Nutella e Coca Cola. Tuttavia, nonostante tali tutele, può accadere ugualmente che i consumatori utilizzino un brand come termine comune, soprattutto se si tratta di un prodotto d’interesse. [h2]Alcuni casi celebri[/h2] [h3]Scottex[/h3] Nel nostro dizionario la parola scottex è diventata sinonimo di “carta assorbente per uso domestico” (Garzanti Linguistica). In realtà Scottex® è un marchio registrato dalla multinazionale statunitense Kimberly-Clark, per commercializzare un tipo di carta soffice per uso domestico confezionata in rotoli, tutt’ora acquistabile nei supermercati. [img]magazine/article37/2.jpg[/img] [h3]Jeep[/h3] È all’inizio della Seconda Guerra Mondiale che l’esercito Americano commissiona la costruzione di un veicolo 4x4 adatto all'uso in terreni difficili. Nel 1940, questo mezzo fa la sua prima apparizione, con il primo prototipo presentato dalla Bantam Car Company, il cui modello apre la strada ai veicoli successivamente presentati dalla Willys e dalla Ford. L’auto viene chiamata Jeep® come derivazione delle lettere G.P., sigla di General Purpose ovvero “per tutti gli usi”. [br]break-line[/br] Successivamente il termine ha trovato largo uso nel linguaggio comune tanto da diventare sinonimo di autovettura a quattro ruote motrici, particolarmente adatta per il fuori strada. [img]magazine/article37/3.jpg[/img] [h3]Scotch e Post-it[/h3] Richard Drew, un giovane tecnico della 3M Company, inventa nel 1930 il nastro adesivo Scotch®. Nel tempo, questo marchio è diventato talmente di uso comune da essere utilizzato per indicare tutte le tipologie di nastro adesivo in cellulosa e trasparente. [img]magazine/article37/4.jpg[/img] [nl]new-line[/nl] Sempre di proprietà della 3M Company è il brand Post-it®, un ulteriore caso di successo che ha segnato un cambiamento nel linguaggio colloquiale. Oggi, infatti, tutti noi lo utilizziamo come nome comune per indicare qualunque tipo di foglietto attacca-stacca, ma in realtà è un marchio registrato ed esclusivo dell’azienda 3M. [br]break-line[/br] Il celebre Post-it® è stato ideato da Spencer Silver, della suddetta società, che paradossalmente stava cercando di sviluppare un tipo di adesivo super resistente, ma invece ideò una colla blanda in grado di attaccarsi e staccarsi senza lasciare traccia. [img]magazine/article37/5.jpg[/img] [h3]Barbie[/h3] L’esempio forse più eclatante di brand divenuto sostantivo di uso comune è quello di Barbie®. Commercializzata da Mattel a partire dal 1959, la bambola di plastica “Barbie”, inizialmente bionda e con gli occhi celesti, è diventata nel tempo la più famosa al mondo tanto da identificare la categoria di uno dei giochi più richiesto dalle bambine e da essere inserita nell’Enciclopedia Treccani. [img]magazine/article37/6.jpg[/img] [h3]Borotalco[/h3] Creato nel lontano 1878 dal chimico inglese Henry Roberts, Borotalco® è un prodotto commercializzato dagli inizi del Novecento nell’iconico barattolo verde. Con questo nome è stata poi ideata un’intera linea di prodotti per la cura personale dalla società italo-britannica L. Manetti & H. Roberts S.p.A.. [br]break-line[/br] Il marchio Borotalco® è entrato nella mente del consumatore tanto da sostituirsi nel linguaggio comune al nome “Talco” quando si vuole indicare qualunque tipo di polvere bianca a base di talco usata per l’igiene della pelle. [img]magazine/article37/7.jpg[/img] [h3]Moka[/h3] Il nome Moka® è stato scelto per la caffettiera ideata da Bialetti nel 1933. Oggi è diffusamente utilizzato per indicare il tipico oggetto di metallo o acciaio (di qualunque marca) che si usa per ottenere un caffè all’Italiana. Un esempio di volgarizzazione del marchio che la Bialetti è riuscita a tutelare, conservando l’esclusività del marchio. [img]magazine/article37/8.jpg[/img] [h3]Mocio[/h3] Nel caso del “Mocio” siamo di fronte a una perdita di esclusività del marchio da parte dell’azienda. Vileda ha infatti perso una battaglia legale che la vedeva contrapposta alla 20th Century Studios in merito all’utilizzo della parola “mocio” nella versione italiana del film “Joy” per indicare una scopa che si strizza da sola. La causa legale tenutasi presso il Tribunale di Milano ha stabilito che il termine “mocio” può essere utilizzato genericamente. [img]magazine/article37/9.jpg[/img] [h3]Biro[/h3] Nel 1943, il giornalista ungherese Làzlo Birò registra il marchio Biro®, sostituendo con una penna a sfera il classico pennino con calamaio e introducendo un nome che entrerà presto nel linguaggio comune. Acquistato in seguito dall’azienda Bic, oggi il marchio Biro è diventato il nome usuale per indicare una qualsiasi penna ad inchiostro. [img]magazine/article37/10.jpg[/img]
Il marketing natalizio gioca un ruolo cruciale nel plasmare la ritualità delle feste e costruire tradizioni, sfruttando emozioni, comportamenti di consumo e simboli culturali. La stagione natalizia rappresenta una straordinaria opportunità commerciale per le aziende, le quali possono utilizzare strategie mirate per connettersi con i consumatori.
Nel vasto universo del graphic design, la scelta dei font riveste un'importanza cruciale. L’estetica testuale scelta per accompagnare loghi, progetti, poster e copertine è un aspetto fondamentale nella percezione generale che si vuole affidare al proprio prodotto: la forma del testo sottolinea il “carattere” dell’opera che si propone al lettore, allo spettatore o al cliente e ne influenza la percezione. Vi portiamo alla scoperta della storia affascinante dei font digitali, dall'abbandono dei moduli a blocchetti metallici alla nascita dei web font, dalla creazione del primo font digitale alla diffusione dei computer con interfaccia grafica negli anni '80. Scopriremo insieme alcuni caratteri tipografici digitali, come il Comic Sans e il Papyrus, che si sono distinti nel corso degli anni, amati e odiati per il loro successo, e hanno catalizzando sentimenti contrastanti tra gli utenti di tutto il mondo.